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La nostra storia affonda le radici nel 1889 quando nasce Giuseppe. Da allora siamo arrivati alla quarta generazione e, anche se con qualche cambio di direzione nel mezzo, per noi la frutta è sempre stata una passione: La stessa che arriva fino ad oggi… con i nostri mirtilli freschi e trasformati oltre alle nostre farine macinate a pietra; tutto coltivato in Piemonte in provincia di Torino

Ma com’è nata Cascina Blu?

Immaginiamo un piano inclinato con in cima un oggetto sferico, pronto a rotolare giù. È un po’ così la nostra storia.

La sfera rotola e il suo movimento segna lo scorrere del tempo. Intorno a lei fatti, avvenimenti -piccoli e grossi- mentre la sfera continua a scendere.

Scende, quando Giuseppe Valentino, classe 1889, un reduce della Prima Guerra Mondiale, gira i paesi con il suo carretto trainato da un mulo. E su quel carretto, Giuseppe porta frutta e verdura ai mercati delle valli di Lanzo e di Viù.

Scende, e intorno a lei compare Bernardo, figlio di Giuseppe, fratello di mezzo e, come tale, abituato a fronteggiare ogni situazione: non aver i benefici della primogenitura e le attenzioni dell’ultimo arrivato, gli fa sviluppare in modo naturale una scaltrezza che nella vita aiuta; eccome se aiuta. E sarà questa scaltrezza che lo farà dormire con un occhio aperto e uno chiuso, dentro al carro, sotto un telone, con il cavallo che oramai conosce a memoria la strada per arrivare a Torino, in via Giordano Bruno, ai Mercati Generali, dove acquista la frutta e la verdura che gli servono per mandare avanti l’attività ereditata da Giuseppe.

Scende, mentre Bernardo decide che è arrivato il momento di passare da un cavallo all’ariete, quello del simbolo della Dodge: un camion acquistato dall’esercito americano. Questo avvenimento non è secondario nella vita di Bernardo, perché gli farà sviluppare una passione così viscerale che presto sfocerà in una vera e propria attività, basata sulla compravendita di automezzi militari e di qualsiasi altra ghiotta occasione gli capitasse a tiro

Scende, e i camion diventano due, perché nel 1948 sposa Maddalena. E i due diventano “Dino e Dina”: un duetto inossidabile, che resterà tale fino ai primi anni del 2000. E Dina le mani in mano non sa proprio tenerle: prende la patente per i camion – non certo una cosa usuale, per una donna dell’epoca – e con il suo FIAT 1100 diventa un pilastro fondamentale dell’impresa famigliare.

Scende, quando da due si passa a tre: il terzo si chiama Roberto e come culla avrà il sedile di un leoncino OM, in quel 1952.

Scende, e vede il giro di affari aumentare. I camion divenire sempre più moderni e con maggiori capacità di carico.

Scende, quando Dino scopre un altro amore della sua vita: la Val di Non. Dove tutti gli anni, in autunno, si reca per acquistare tonnellate di mele. Che poi chiuderà in parte in celle frigorifere a Torino e in parte nel deposito preso in affitto in una cascina di strada Coasso a Ciriè, di modo da poterle vendere ai suoi clienti in autunno e primavera. E quante sere d’inverno, Dino passa nella sua Rossignoli, a far la cernita delle mele: a calibrarle, selezionarle, sezionarle con lo sguardo. Perché Dino ci tiene alla qualità del prodotto.

Scende, ed è il 1965 quando la famiglia Valentino decide di spostarsi e andare a vivere a Marega, in provincia di Verona. Dino vuole fare il grande salto: diventare produttore di frutta. Così, da cliente, diventa fornitore dei Mercati Generali di Torino e nasce l’azienda Agricola due Galli.

Scende, e le radici esercitano un richiamo troppo forte per Dina – complice anche il fatto che Roberto sia andato a studiare al Politecnico di Torino. Nel 1976 tornano a Rossignoli e Dino diventa responsabile del reparto frutta e verdura di un supermercato. Manco a dirlo, Dina è sempre al suo fianco.

Scende e inizia a vedere la fine del percorso. E, con la fine, si comincia a scorgere cosa possa essere in realtà quell’oggetto sferico: è blu e piccolo. Piccolo, come Alberto, figlio di Roberto, che nasce nel 1983.

Scende. E finisce la sua corsa, sbattendo contro un paio di Converse blu. Una mano si china a raccoglierlo: è la mano di Alberto; e l’oggetto è in realtà un mirtillo. Un mirtillo che Alberto ha scelto come simbolo di un suo ritorno alle radici: quel bisogno impellente ereditato da Dina. Alberto si è diplomato, trascorrendo un anno negli Stati Uniti; in seguito si è affacciato al mondo del commercio per poi abbandonarlo e iscriversi ad architettura. Ottenuta la laurea e l’abilitazione all’esercizio della professione, la sua vita cambia, perché si sposa con Laura e nasce Filippo e poi arriva anche Camilla. Una famiglia. Un retaggio. E il retaggio di Alberto sta nella terra, nella frutta. Ce l’ha nel sangue, quella roba lì. Fin da Giuseppe, fin dall’occhio aperto di Dino, mentre dorme nel carro, fin da Roberto che si fa cullare dall’incedere lento e ostinato del camion, fin dalle sere invernali a scegliere mele.

Alberto abbandona il mondo dell’architettura e torna alla terra insieme a sua moglie Laura: comprano tre appezzamenti di terreno vicino a casa e una cascina – quella stessa cascina in strada Coasso dove Dino immagazzinava le mele – e, come da loro forma mentis, iniziano a studiare, a leggere, a capire come poter svolgere il lavoro al meglio. Perché per i Valentino, la terra è una cosa più che seria.

Decidono di piantare mirtilli e si documentano su tutto ciò che si possa sapere su quel piccolo frutto blu, che è scivolato lungo il nostro piano inclinato. Volete sapere come va a finire?

Beh, tutto il resto è Cascina Blu

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